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Contratto di manutenzione dell’ascensore, come disdirlo e clausole a cui fare attenzione

Che sia un impianto di recente costruzione oppure con già qualche anno alle spalle, gli ascensori hanno bisogno di un’attenta manutenzione periodica.
I controlli effettuati dal personale qualificato permettono ai passeggeri di viaggiare sicuri e allungano la vita degli impianti.
Tuttavia, affinché la manutenzione sia eseguita a regola d’arte, deve essere affidata ad aziende specializzate. Per questo, una delle prime cosa da fare quando si decide di installare un nuovo ascensore è stipulare un contratto di manutenzione.

Quando è obbligatorio stipulare un contratto

Partiamo col dire che ogni volta che si installa un ascensore o un montacarichi, per legge bisogna sempre stipulare un contratto di manutenzione. L’obbligo è stato introdotto dal DPR n. 162/99; l’articolo 15 del testo indica chiaramente che: «Ai fini della conservazione dell’impianto e del suo normale funzionamento, il proprietario o il suo legale rappresentante sono tenuti ad affidare la manutenzione di tutto il sistema degli ascensori, dei montacarichi e degli apparecchi di sollevamento rispondenti alla definizione di ascensore la cui velocità di spostamento non supera 0,15 m/s a persona munita di certificato di abilitazione o a ditta specializzata ovvero a un operato- re comunitario dotato di specializzazione equivalente che debbono provvedere a mezzo di personale abilitato».

Disdetta e stipula, i passaggi per non sbagliare

Una volta individuata l’azienda specializzata a cui rivolgersi, bisogna procedere all’effettiva stipula del contratto. Nel caso in cui si tratti di un’ascensore condominiale, di che è il compito? Dell’amministratore o dei condomini? La riforma del condominio del 2012 puntualizza che i contratto stipulati dal condominio per tramite dall’amministratore sono imputabili ai singoli condomini.
Se si decidesse di disdire un contratto in corso per affidarsi ad una nuova impresa, è necessario che questa scelta vega deliberata dall’assemblea condominiale. Sarà poi cura dell’amministratore notificare la scelta al manutentore e rientrare in possesso di tutta la documentazione relativa all’impianto tra cui il contratto e i verbali delle verifiche biennali rilasciati nel corso degli interventi.

Le clausole a cui prestare attenzione

Qualora si decidesse di recedere il contratto, la disdetta va inviata entro i termini previsti; di solito è sufficiente un preavviso di 30 o 60 giorni. Come per ogni nuovo documento sottoscritto, è bene prestare attenzione che le clausole proposte non siano vessatorie, vale a dire sbilanciate a sfavore del consumatore. Tra queste ci sono penali eccessive in caso di recesso; termini oltremodo lunghi per l’invio del preavviso in caso di recesso; clausole che abbassino a 12 mesi anziché a 24 la garanzia legale di conformità e, infine, clausole poco chiare riguardo al foro competente in caso di controversie.

Come fare quando il cane ha paura dell’ascensore

Capita spesso che i cani abbiamo paura ad utilizzare l’ascensore. Si tratta in realtà di un problema abbastanza comune e i fattori scatenati potrebbero essere diversi, a seconda del carattere dell’animale.

Quali possono essere le cause

Le cause che spingono il cane ad avere paura di viaggiare in ascensore sono essenzialmente due: i rumori dell’impianto e le dimensioni della cabina. Alcuni animali, sopratutto se di grossa taglia, potrebbero non gradire trovarsi in spazi stretti e angusti. A questo vanno aggiunte le luci e i suoni degli ascensori, particolarmente acuti e fastidiosi per i cani che hanno sensi molto più sviluppati rispetto a quelli degli umani.

Le buone regole da seguire per un viaggi sicuro e piacevole

Una piccola ‘stanza’ in movimento, con luci abbaglianti e suoni acuti è quanto di più stressante possa esserci per i nostri amici a quattro zampe. E se forse è impossibile rendere piacevole il viaggio in ascensore, i cani possono imparare a non aver paura di salire in cabina.
Innanzitutto, è bene abituare gradualmente gli animali, facendoli dapprima avvicinare all’impianto e a familiarizzare con i suoni. Una soluzione potrebbe essere quella di far associare il rumore della fermata al piano ad un rinforzo positivo, come ad esempio un premio.

Quando finalmente il cane sarà pronto ad salire in canina con voi, meglio che non ci siano altre persone. Se da una parte l’animale potrebbe essere infastidito, dall’altra parte anche i passeggeri potrebbero non trovare piacevole dover condivide uno spazio angusto con un animale, magari di grossa taglia.

Gli animali possono salire in ascensore?

E qui si apre un capitolo a parte: i condomini possono lamentarsi e chiedere che venga vietato che un cane utilizzi l’ascensore?
Le regole dicono espressamente che non si può vietare agli animali di utilizzare l’impianto, ovviamente accompagnati dai padroni. La cabina dell’ascensore, infatti, è a tutti gli effetti considerata parte comune dello stabile; se il regolamento condominiale consente la presenza di animali, nessuno potrà impedire che il cane e il suo proprietario facciano uso dell’impianto.

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Chi paga se l’ascensore è stato installato dopo la costruzione dell’edificio

Non di rado capita che le necessità cambino e che si renda necessario installare un ascensore all’interno di palazzine già esistenti.
In questo caso, l’iter normativo prevede che l’intervento di ammodernamento debba essere deliberato dall’assemblea condominiale una volta raggiunta la maggioranza richiesta. 

Ma c’è anche una seconda possibilità, forse meno comune ma non per questo non fattibile. Nel caso in cui la maggioranza non riesca a deliberare l’opera, è possibile che questa venga realizzata solo da alcuni condomini. 

Cosa dicono le leggi

In merito si è espresso anche il Tribunale di Napoli con una recente sentenza, la numero 1238/2021. Il caso riguardava la costruzione di un ascensore in un edificio, opera richiesta ed  effettuata solo da alcuni condomini. 

È possibile installare un ascensore in un condominio a seguito della richiesta di alcuni condomini e non della collettività? Le norme dicono sì. L’articolo del Codice Civile di riferimento è il 1102, che spiega come: “Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, perché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti  uso secondo il loro diritto. A tal fine  può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa”. 

Il punto da tenere in considerazione è proprio questo: il nuovo ascensore può essere richiesto solo da alcuni, ma la sua installazione non deve compromettere la frizione delle parte comuni per tutti gli altri inquilini come, ad esempio, il passaggio sul pianerottolo.

Come saranno ripartite le spese

La domanda ora sorge lecita: tutti i condomini sono tenuti a pagare per le spese di gestione e manutenzione dell’impianto, dal momento che l’ascensore entra a far parte degli spazi comuni? 

In realtà, la sentenza del Tribunale di Napoli ha sancito proprio che l’ascensore installato ex novo per iniziativa di alcuni condomini non rientra nella proprietà comune, ma appartiene solo a coloro i quali ne hanno fatto richiesta. Spetterà solo a loro, dunque, pagare le spese di manutenzione, sempre tenendo contro della giusta ripartizione millesimale.  

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Ascensori, con il nuovo bonus è possibile avere uno sconto del 75%

Installare un nuovo impianto usufruendo della detrazione Irpef al 75%. Fino al 31 dicembre 2022 è possibile, grazie alla nuova Legge di bilancio 234/2021 che ha introdotto per l’anno corrente un nuovo bonus.

L’agevolazione fiscale mira all’abbattimento delle barriere architettoniche, in abitazioni unifamiliari così come in condominii già esistenti.

Tra i lavori inclusi nella lista e che possono godere degli sgravi fiscali ci sono alcune opere che riguardano le singole unità abitative – come il rifacimento di pavimentazioni e bagni – ma è possibile anche ottenere il bonus per l’installazione di un ascensore.

Quali sono i requisiti per usufruire dell’incentivo fiscale

Come precedentemente spiegato, la detrazione è volta a favorire l’installazione di impianti che abbattano le barriere architettoniche. L’agenzia dell’entrare spiega chiaramente che: «La detrazione è prevista solo per interventi sugli immobili effettuati per favorire la mobilità interna ed esterna del disabile».

I requisiti richiesti sono quelli espressi nel Decreto del Ministero dei lavori pubblici 236/1989 e che fissano, appunto, i titoli necessari per l’abbattimento delle barriere architettoniche.

Quali sono i limiti di spesa

La detrazione fiscale spetta nella misura del 75% della spesa totale e dà diritto ad un rimborso in cinque quote annuali di pari importo. Come nel caso di altre agevolazioni, è possibile ottenere lo sconto in fattura oppure usufruire della cessione del credito.

La norma fissa anche il tetto massimo di spesa, ripartito in tre scaglioni:

  • 50mila euro per gli edifici unifamiliari (villette, case singole) e per le unità immobiliari di edifici plurifamiliari funzionalmente indipendenti e con accesso autonomo dall’esterno;
  • 40mila euro, moltiplicati per il numero di unità immobiliari che compongono l’edificio, in caso di fabbricati composti da due a otto unità;
  • 30mila euro, moltiplicati per il numero di unità immobiliari che compongono l’edificio, in caso di fabbricati composti da più di otto unità.

Infine, in caso di sostituzione o ammodernamento dell’impianto, è possibile ottenere agevolazioni per i costi legati allo smaltimento del vecchio ascensore o montacarichi.

contratto di manutenzione

Contratto di manutenzione dell’ascensore: quali sono le tariffe e chi paga

La sicurezza dei passeggeri e il buon funzionamento dell’impianto dipendono anche dalla manutenzione che – per legge – deve essere effettuata da personale qualificato e abilitato.

Come deve essere redatto il contratto di manutenzione

Come per altre prestazioni, anche la manutenzione dell’impianto è regolamentata da un contratto. Tuttavia, a differenza di altri documenti dello stesso tipo, per quanto riguarda gli ascensori non esiste un modello unico. E il perché lo spiega ANACAM, l’associazione italiana che rappresenta le imprese di produttori e manutentori.

«Molte volte ci è stato chiesto di elaborare un modello unico di contratto di manutenzione, al quale fare riferimento in occasione dell’avvio di un nuovo rapporto o per la modifica di un rapporto esistente – spiega l’associazione di categoria -. Riteniamo che sia illusorio pensare di poter stabilire un modello unico di contratto universalmente valido, perché molteplici e differenziate sono le caratteristiche tecniche degli impianti e le loro condizioni di utilizzo, come pure assai variabili sono le esigenze dei diversi clienti e le condizioni contrattuali che si determinano sul libero mercato. Come Associazione, a garanzia delle esigenze e delle aspettative degli utenti degli ascensori, per quanto riguarda il contenuto delle prestazioni oggetto del contratto di manutenzione, abbiamo messo a punto un Codice etico e una Carta dei Servizi che tutte le Aziende associate sono tenute a rispettare».

Il contratto di manutenzione, dunque, dipende da una serie di fattori che possono differire anche sensibilmente da un impianto all’altro. Ci sono però alcune indicazioni che non possono mai mancare. Descrizione dei lavori, piani di manutenzione, oneri a carico del committente e oneri a carico dell’assuntore, norme di sicurezza, durata e prezzo del servizio sono indicazioni che devono sempre essere riportate nel documento.

Quanto costa e come vengono ripartite le spese

Salvo diverse indicazioni contenute all’interno del testo del regolamento condominiale, le spese per la manutenzione dell’ascensore sono ripartire per il 50% in base al piano in cui l’appartamento è ubicato mentre per il restante 50% seguono il frazionamento dei millesimi dell’immobile, proprio come le altre spese condivise.

Questo significa che anche chi abita al piano terra dovrà pagare per l’ascensore, anche se di fatto non lo utilizza. Come in altri contati di lunga durata, anche il contratto di manutenzione dell’ascensore include una clausola di adeguamento del prezzo del servizio, solitamente calcolato di anno in anno. Per orientare i consumatori e per dare indicazioni precise sull’andamento dei prezzi del servizio, ANACAM ha stilato un indice ponderato. Il tabellare, composto da tre diversi indici ufficiali ISTAT, riflette l’andamento delle principali voci di costo legate alla manutenzione degli ascensori.

Quali sono le verifiche e quando sono necessarie

Ora che abbiamo visto quali sono i costi e come sono ripartire le spese, resta un ultimo punto sul quale fare chiarezza. Ogni quanto l’impianto va sottoposto a controlli e verifiche che ne certifichino il buon funzionamento e quindi la sicurezza dei passeggeri?
La normativa alla quale fare riferimento è la direttiva ascensori, contenuta nel DPR n. 162 del 30 aprile 1999. Il testo indica con chiarezza quali sono gli interventi da svolgere, distinguendo tra verifiche periodiche e straordinarie. Le prime devono esse svolte con cadenza biennale e servono per certificare lo stato di salute generale dell’impianto.
Le verifiche straordinarie scattano, invece, quando viene rilevato un malfunzionamento. In questo caso l’iter differisce a seconda del problema riscontrato che, nei casi più gravi, può portare anche al fermo dell’impianto.

verifiche

Verifiche straordinarie o periodiche dell’ascensore, quali sono e quando vanno fatte

Gli ascensori sono uno dei mezzi di trasporto più diffusi in Italia e, come tali, hanno bisogno di controlli e verifiche costanti che devono essere effettuati da personale qualificato.
A regolare la periodicità e il tipo degli interventi è la direttiva ascensori, contenuta nel DPR n. 162 del 30 aprile 1999. Vediamo ora insieme cosa prevede la normativa, iniziando da una distinzione fondamentale, vale a dire quella tra verifiche periodiche e straordinarie.

Verifiche periodiche ogni due anni

La legge prevede che, una volta installato e messo in funzione, l’ascensore debba essere sottoposto ogni due anni a verifiche periodiche. Queste ispezioni, effettuate da personale qualificato e dotato di regolare autorizzazione, servono per verificare lo stato di salute dell’impianto e dei suoi componenti, in modo particolare quello dei dispositivi di sicurezza.

Al termine dell’ispezione, la ditta incaricata della manutenzione rilascia il verbale che annota gli interventi eseguiti. Sarà cura del proprietario dell’impianto conservare la documentazione, così come sostenere le spese dell’intervento.

Quando è necessario effettuare verifiche straordinarie

Tuttavia può capitare che nel corso di queste ispezioni programmate i tecnici incaricati rilevino un malfunzionamento dell’impianto. In questo caso, al fine di garantire la sicurezza dei passeggeri, è necessario effettuare ulteriori accertamenti. Sono tre le eventualità in cui si richiedono verifiche straordinarie: a seguito di incidenti di notevole importanza; a seguito di modifiche significative apportate all’ascensore come il cambiamento della portata, il cambiamento della corsa e la modifica della velocità e – infine, nel caso in cui la visita periodica abbia dato esito negativo.

Cosa succede se viene rilevata un’anomalia o un malfunzionamento  

Ma cosa fare se l’ispezione periodica rileva un problema? Qualora il tecnico risconti un malfunzionamento, è tenuto a notificare immediatamente l’ufficio comunale di competenza che ne disporrà il fermo immediato. Una volta eseguiti gli interventi necessari, l’azienda incaricata dovrà sottoporre l’impianto a un’ulteriore verifica straordinaria. A questo punto, se si potrà dimostrare di aver ripristinato le condizioni di sicurezza, l’ascensore potrà di nuovo tornare in funzione.

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Ascensore elettrico o idraulico: quali sono le differenze

L’Italia è il paese con il più alto numero di ascensori: secondo le stime sarebbero oltre 700mila gli impianti in funzione nel nostro Paese.

Ma che si tratti di un grattacielo di nuova costruzione o di un piccolo condominio da ammodernare, la scelta ricade quasi sempre su due tipologie di impianti: gli ascensori elettrici oppure gli ascensori idraulici.
Partiamo da una premessa: non esisteste a priori un impianto migliore dell’altro ma la scelta dovrà essere guidata da una serie di fattori. Andiamo ora a vedere quali sono le differenze di funzionamento tra questi due tipologie per capire qual è l’ascensore più adatto ai diversi edifici.

  • Ascensore elettrico

Gli ascensori elettrici, a volte chiamati anche ascensori a fune, sono composti da un macchinario di sollevamento a trazione elettrica, l’argano, e da un contrappeso collegato alla cabina tramite le funi. Inoltre, è presente un quadro elettrico di manovra. Per quanto riguarda i dispositivi di sicurezza, gli ascensori elettrici sono equipaggiati con limitatori di velocità e freni paracadute.
L’azionamento dell’ascensore elettrico avviene per mezzo del motore che funziona sia in salita che in discesa; il macchinario di sollevamento – mediante l’attrito sulla puleggia di frizione – mette in moto le funi che sorreggono la cabina.
Questa tipologia di impianto è particolarmente utilizzata per costruzioni con un numero elevato di fermate.
Tuttavia, gli ascensori elettrici hanno un costo spesso maggiore rispetto a quelli idraulici, sia per quanto riguarda il mantenimento che l’installazione.

  • Ascensore idraulico

Spesso chiamati anche ascensori oleodinamici, gli impianti idraulici devono il loro nome alla centralina idraulica e al fluido che aziona il pistone. È proprio questo componente collegato alla cabina che, mosso dalla pressione del cilindro, ne aziona il movimento. A differenza degli impianti elettrici, questa tipologia di ascensori sfrutta la forza di gravità per il movimento in discesa della cabina.

Solitamente si tratta di impianti silenziosi e con un costo medio inferiore. Tuttavia, l’olio minerale utilizzato per il funzionamento è altamente inquinante e, rispetto agli impianti elettrici, gli ascensori oleodinamici sono meno veloci.

Hanno però il pregio di essere meno ingombranti, dal momento che non necessitano di un contrappeso e proprio questa caratteristica li rende la soluzione ideale per l’ammodernamento di edifici.

Qual è la tipologia più diffusa

Come detto, la differenza principale tra impianti elettrici e idraulici riguarda il meccanismo di azionamento della cabina. Ma c’è anche un’altra differenza sostanziale: il numero di fermate che possono essere raggiunte. Questo, in impianto idraulico è limitato da fattori strutturali e solitamente si tratta di ascensori che possono servire al massimo un edificio di otto piani. Eppure, sono proprio gli ascensori oleodinamici a detenere la quota di mercato più alta in Europa. Circa il 74% degli impianti è di questa tipologia, in virtù anche della struttura urbanistica dei nostri centri abitati dove, in media, gli edifici superano raramente i sette piani di altezza.

 

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Ascensori: il livello di sicurezza degli impianti italiani e i fattori di rischio

L’Italia detiene il record di Paese occidentale con il maggior numero di impianti. Nel nostro Paese sono presenti oltre 900mila ascensori e si stima che oltre il 30% di questi sia in funzione da più di 40 anni.

Il livello di sicurezza degli impianti italiani è particolarmente disomogeneo anche perché, come vedremo, la sicurezza degli impianti installati prima del 1999 dipende in misura preponderante anche dagli interventi volontari che i proprietari decidono o meno di compiere.

Ammodernamento e sicurezza: cosa dicono le normative

Oltre il 60% degli impianti presenti in Italia non disporrebbe di tecnologie moderne capaci di garantire agli utenti un livello di sicurezza pari a quello degli ascensori installati secondo le ultime normative.

Al fine di adeguare il livello di sicurezza degli impianti installati prima del 1999 sono stati emanati due diversi provvedimenti. Il primo è quello del Ministero delle attività produttive con data 26 ottobre 2005 e avente come oggetto il: “Miglioramento della sicurezza degli impianti di ascensore installati negli edifici civili precedentemente alla data di entrata in vigore della direttiva 95/16 CE”.

Il secondo, invece, è il DM 23 luglio 2009 che si focalizza sul “Miglioramento della sicurezza degli impianti ascensoristici anteriori alla direttiva 95/16/CE”.

La norma tecnica di riferimento, invece, è la UNI EN 81-80, menzionata anche nel testo del documento ministeriale del 16 gennaio 2006.

Per una serie di fattori che meriterebbero uno spazio di analisi più approfondito, nessuno dei decreti citati è oggi in vigore. Dunque, come già detto, ogni intervento volto a migliorare la sicurezza degli impianti installati prima del giugno 1999 è a discrezione dei proprietari.

L’importanza della manutenzione ordinaria

Quando si tratta di manutenzione ordinaria, la norma di riferimento è l’articolo 15 del DPR 162/99. Il paragrafo spiega con chiarezza quali sono gli interventi da compiere sull’impianto e con quale frequenza questi devono avvenire.

Questi compiti devono essere svolti da un tecnico specializzato che per poter intervenire sull’impianto deve essere in possesso di un particolare certificato di abilitazione.

È necessario provvedere, periodicamente e secondo le esigenze, a verificare il regolare funzionamento dei dispositivi meccanici, idraulici ed elettrici e, in particolare, delle porte dei piani e delle serrature. Bisogna poi verificare lo stato di conservazione delle funi e delle catene e provvedere alle operazioni normali di pulizia e di lubrificazione delle parti.

Sempre il manutentore deve provvedere, una volta ogni sei mesi a verificare l’integrità e l’efficienza del paracadute, del limitatore di velocità e degli altri dispositivi di sicurezza; a verificare minutamente le funi, le catene e i loro attacchi; a verificare l’isolamento dell’impianto elettrico e l’efficienza dei collegamenti con la terra e, infine, ad annotare i risultati di queste verifiche sul libretto.

Il manutentore ha anche la facoltà di fermare l’impianto qualora venga rilevato un pericolo e di comunicarlo immediatamente al proprietario o al suo legale rappresentate.

Le più comuni situazioni di rischio

L’ascensore è un mezzo di trasporto particolarmente sicuro poiché dotato di sistemi di sicurezza progettati per intervenire in maniera automatica e tempestiva.

La norma UNI EN 81-80 individua 74 situazioni di potenziale rischio che dovrebbero essere monitorate su ciascun impianto esistente.

Tralasciando in questa analisi i casi particolarmente complessi, un esaustivo quadro d’insieme dei rischi più comuni è fornito dall’elenco stilato da ANACAM, l’Associazione Nazionale Imprese di Costruzione e Manutenzione Ascensori.

Basandosi sulle statistiche degli incidenti più o meno gravi avvenuti negli ultimi anni in Italia, l’associazione ha elencato i principali fattori di rischio e gli interventi più adatti per prevenirli.

Eccoli nel dettaglio:

  • Installazione di un combinatore vocale bidirezionale collegato ad un centro di soccorso. Ciò copre il rischio che persone intrappolate in cabina non vengano soccorse nel tempo più breve e nel modo migliore;
  • Adeguamento della illuminazione del locale macchine;
  • Installazione di un sistema di livellazione precisa al piano. Questo serve per evitare che gli utenti inciampino nell’entrare o uscire da una cabina non ben livellata al piano;
  • Adeguamento degli ascensori idraulici, in modo da portarne il livello di sicurezza allo stesso conseguito sugli elettrici già col DM 587/1987 (secondo le specifiche indicazioni dell’allegato NA alle UNI EN 81-80);
  • Dotazione di dispositivi (barriere optoelettroniche) a protezione delle persone durante la chiusura di porte automatiche installate prima dell’entrata in vigore delle norme della serie EN 81;
  • Installazione di porte di cabina sulle cabine che ne siano attualmente ancora prive;
  • Adeguamento dell’illuminazione normale della cabina e installazione di una luce di emergenza in cabina. Quest’azione potrebbe introdurre sistemi di illuminazione a basso consumo che ridurrebbero sensibilmente l’intero consumo energetico dell’ascensore.

 

 

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Anche i proprietari dei box singoli devono pagare per l’ascensore. Ma ci sono delle eccezioni

Può capitare, soprattutto nei condomini più grandi, che i singoli posti auto siano di proprietà di persone terze che non abitino in quello stesso immobile.
L’intestatario del box è tenuto a pagare le spese per il mantenimento delle parti comuni che potrebbero includere, laddove presente, anche l’ascensore.
In questo caso, il proprietario del garage deve pagare anche per un servizio che non utilizza? La risposta, in linea di massima, è sì. Ma ci sono delle eccezioni: vediamo quali.

Cosa dice il Codice civile

I regolamenti specificano che il proprietario di un box situato un immobile del quale non sia però proprietario anche di un appartamento deve concorrere al pagamento delle spese condominiali relative ai servizi per i quali usufruisce. Dovrà partecipare a tutte le spese – comprese quelle straordinarie come ad esempio il rifacimento del tetto o della facciata – secondo la propria quota millesimale.

La questione delle ripartizioni delle spese condominiali segue quanto espresso dall’articolo 1123 del Codice civile. Il secondo paragrafo spiega che: «se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne».
L’articolo 1124 entra ancor più nel dettaglio precisando che: «le scale e gli ascensori sono mantenuti e sostituiti dai proprietari delle unità immobiliari a cui servono. La spesa relativa è ripartita tra essi, per metà in ragione del valore delle singole unità immobiliari e per l’altra metà esclusivamente in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo».

La differenza tra uso effettivo e potenziale

Dunque, anche i proprietari dei singoli posti auto dovranno pagare per il mantenimento dell’ascensore. Come per gli inquilini del piano terra bisogna distinguere tra uso effettivo e potenziale della parte comune. Il fatto che si scelga o meno di non utilizzare un determinato servizio non esonera l’inquilino dal pagamento dello stesso, in quanto potrebbe essere potenzialmente utilizzato in futuro.

I casi in cui il proprietario non paga 

Ci sono però casi particolari per cui chi possiede solo un garage non è tenuto a pagare per le spese dell’ascensore condominiale.
È il caso in cui le fermate dell’impianto non raggiungano il piano dove sono situati i posti auto. L’ascensore, infatti, potrebbe terminare la sua corsa al piano terra e i garage trovarsi, invece, nel seminterrato. Una tale circostanza solleva il proprietario del posto auto dal pagamento della quota poiché, di fatto, decade l’utilizzo potenziale del servizio.

C’è infine un secondo caso, certamente più raro ma non per questo impossibile: l’assemblea condominiale potrebbe anche concedere una deroga al pagamento di alcune spese a favore di determinati condomini. Si tratta di un’eventualità non comune ma non per questo impossibile.